L’aglianico del Vulture sbarca a Napoli da Cap’Alice.

Mario Lombardi e Marina Alaimo hanno organizzato una serata per far conoscere due belle aziende lucane invitando nel locale di Via Bausan Emanuela Mastrodomenico, dell’omonica azienda vinicola di Barile (PZ) ed Eugenia Sasso dell’Azienda Eubea di Ripacandida (PZ).

Un bel gruppo di persone interessate ha dapprima ascoltato i racconti di terra, vino e territorio di Marina, Eugenia ed Emanuela, per poi andare a scoprire nei calici quei richiami fortemente territoriali.

L’areale di produzione dell’Aglianico del Vulture Superiore DOCG comprende 15 comuni e si estende in direzione ovest-est a partire da Rionero e Melfi per arrivare a Genzano, passando, tra gli altri, per Barile, Venosa, Maschito, Ginestra e Ripacandinda. La particolarità di questa zonazione è che il Monte Vulture (un ex vulcano spento) non è il suo baricentro geografico, come logica imporrebbe, ma ne costituisce l’origine, come natura comanda. Infatti, grazie alla particolare orografia del territorio e della composizione del sottosuolo, le numerose sorgenti d’acqua ricche di minerali vengono convogliate nei tanti canali naturali che scorrono dal vulcano spento verso il mare Ionio. Il sottosuolo, costituito di banchi di roccia porosa e tenera come il tufo, l’arenaria e le piroclastiti, funge da spugna, captando l’acqua dai profondi canali sotterranei e convogliandola verso lo strato superficiale del terreno. Ciò consente un’approvvigionamento di acqua costante alle piante anche nei mesi più caldi dell’anno, laddove si raggiungono temperature massime ben oltre i 40 gradi Celsius.

Altro elemento rilevante del territorio del Vulture è l’importante sbalzo termico tra giorno e notte, cui le piante si sono adeguate nel corso degli anni, indurendo la buccia e rinforzandosi. Il risultato di questa interazione tra suolo ed organismi viventi, resa perfetta dall’evoluzione, è un vino affascinante, saporito, importante e che dal 2011 si fregia della D.O.C.G come Aglianico del Vulture Superiore e che ha una propria connotazione che lo differenzia da tutti gli altri vini da vitigno “aglianico”.

Sulla degustazione, abbiamo analizzato tre annate di due vini: il Roinos di Eubea e il Likos di Mastrodomenico.

Il Roinos è stato proposto nelle annate 2008, 2009 e 2012, mentre il Likos nelle annate 2007, 2009 e 2011. Il focus in complesso su cinque annate è stato interessante e, nonostante una distanza di poco meno di 20 km tra le vigne delle due aziende, dal raffronto è emerso un filo conduttore comune che attraversa le annate non risentendone: la mineralità. Tutti i vini presentano una marcata nota minerale, fresca, talvolta salata, altre volte ferrosa, ma sempre presente.

Roinos è un vino dal profondo colore rubino e dai netti sentori di frutto rosso ben maturo, spezie, aromi terrosi, che ha un sapore deciso, forte. Il sorso risulta equilibrato, nonostante l’alcolicità importante, dai bei tannini e dalla freschezza della mineralità che si prede tutto il finale di bocca. Dall’annata 2008 alla 2012 la compostezza del vino ha reso costante il piacere dell’assaggio con una prevalenza della 2009 sulle altre.

Likos si presenta del classico colore rosso rubino poco penetrabile. I bei sentori di frutti neri piccoli e amarena, di pepe, liquirizia, sentori terrosi ritornano anche nel retronasale. Al gusto il sorso è agevole, veloce, gradevolmente tannico, piacevolmente fresco e salino. Dall’annata 2007 alla 2011 abbiamo preferito, anche in questo caso, la 2009, segno di una grande annata. Non che gli altri millesimi abbiamo demeritato, anzi. Se anche nelle annate più difficili il vino è ottimo allora è segno di una grande vocazione territoriale e di un corretto intervento dell’uomo in vigna e cantina, quindi se l’annata è favorevole non ce n’è per nessuno.

In abbinamento gastronomico ai vini sono stati proposti da Mario Lombardi di Cap’Alice un tortino di baccalà con carciofi e patate, su provola fusa e peperone crusco, poi cosciotto di agnello laticauda con riduzione di Aglianico e piselli, infine pastiera napoletana monoporzione.

Bella serata dove la cena è il pretesto per invitare il pubblico a conoscere cose nuove approfondendole e non prendendone semplicemente atto.

Visitate la Basilicata e il Vulture, ne vale la pena!