Situato nel cuore del Salento, a metà strada tra il mare Jonio e l’Adriatico, Scorrano è uno dei tanti tranquilli paesi che si possono incontrare girovagando tra vigne e uliveti nella provincia di Lecce. Già da tempo avevo preso appuntamento con Giuseppe Pizzolante Leuzzi per poter visitare da vicino l’Azienda Agricola Duca Carlo Guarini che qui ha sede.
Giuseppe, da moltissimo tempo enologo aziendale, in giustificatissima assenza di Giovanni Guarini ci accoglie nel cortile dell’antico casale cinquecentesco dove fervono i lavori di ristrutturazione per riportarlo all’antico splendore. L’architettura tipicamente salentina del palazzetto nobiliare riporta a chiare influenze normanne e arabe, che si esplicano nelle balconate e nelle volte a stella dei soffitti delle stanze. L’azienda è tra le più antiche del Salento e forse non solo, poichè la nobile famiglia Guarini ha testimonianze risalenti all’undicesimo secolo delle attività agricole per vigne, uliveti, ortaggi e cereali ed oggi, dopo mille anni di emozionante storia, quale retaggio dell’epoca del feudalesimo medievale, il patrimonio aziendale può contare su 700 ettari di terreno con casali e masserie.
Gli 80 ettari di proprietà coltivati a vigneto si trovano a Torchiarolo, nel Brindisino, a pochissima distanza dal mare nella tenuta dominata dall’antica Masseria Piutri. Qui si coltivano uve autoctone quali negroamaro, primitivo, malvasia nera di Lecce oltre ad altri vitigni quali il sauvignon blanc. Occorre premettere che storicamente nel Salento la vite si è sempre espressa al meglio sul versante jonico, forse per caratteristiche del terroir, ma nel corso degli anni l’impegno di tanti viticoltori ha consentito di valorizzare anche questa zona della Puglia enologica tanto che gli è stata assegnata la DOC Terre d’Otranto. In questo contesto territoriale la Duca Carlo Guarini coltiva vigne da mille anni ed oggi le conduce in regime totalmente biologico.
Il giro in cantina termina con la discesa nello splendido frantoio ipogeo, in larga parte ricavato scavando nella roccia arenaria ed oggi utilizzato per l’affinamento dei vini in botte e per la conservazione delle bottiglie storiche, ma per la degustazione occorre ritornare nel giardino rinascimentale.
La calura di questa torrida estate, seppur qui mitigata dall’onnipresente jentu salentino, è comunque notevole ma il fresco calice di Piccole Bolle provvede immediatamente a rinfrancarci. Prodotto in azienda con metodo Charmat da uve negroamaro vinificate in bianco, lo spumante saggiato (in bottiglia da aprile 2017), gradevolmente profumato di frutta con richiami a note agrumate, ha un bel perlage e il sorso risulta fresco, pieno, gradevole e con bel finale salino. Siamo a 13 g/l di zucchero quindi appena sopra il minimo per definirlo extra dry ma quanto basta per renderlo un piacevole vino da tutto pasto.
La Taersìa, parola salentina che descrive una bufera di vento, (annata 2016) è un bel vino fermo da uve negroamaro 100% vinificate in bianco. Bel colore paglierino, ha aromi piacevolmente fruttati che richiamano alla mente le nespole fresche e mature, mentre al gusto è fresco ma il sorso è rotondo, glicerico. Bella la persistenza gustativa con sensazioni fresche di agrumi e sale marino.
Il Natìvo, da uve autoctone (appunto) di negroamaro 100% (annata 2015), tira fuori dall’uva tutta la forza espressiva di questo vitigno e senza l’ausilio di legno. Di un bel rosso rubino denso, al naso porta le tipiche note di frutti rossi e neri maturi che si alternano a note verdi di salvia. Al sorso la fresca pungenza dell’acidità si alterna alla ricchezza della materia e dei tannini privi di asperità, per lasciare posto al persistente gusto con finale che si alterna tra fruttato e salinità.
Il Malìa, dedicato al suadente gusto di questa malvasia nera di Lecce in purezza (annata 2014), è uno splendido vino di colore rubino mediamente penetrabile. Al naso sono netti gli aromi di china e rabarbaro, pugne secche, frutti neri, richiami alla terra rossa, alla paglia oltre a lievi note di vaniglia. Il sorso è pieno, ricco, morbido, fresco con tannino delicatamente fuso nel corpo del vino, e soddisfa il palato con un persistente gusto dal finale speziato e salino.
Il Boemondo, dedicato all’omonimo principe d’Altavilla, di Taranto e Antiochia, al cui seguito nell’anno 1000 i Guarini sono giunti in Italia e con il quale hanno partecipato alle Crociate, è un primitivo in purezza (annata 2013). La metodologia produttiva di questo vino è particolare poichè avviene in parte attraverso vendemmia tardiva ed in parte mediante appassimento delle uve su graticci. Il vino ha un bel colore rosso rubino che mostra lievissimi riflessi granati. Al naso sprigiona tutte le caratteristiche note del primitivo amplificate dall’appassimento delle uve: dalla frutta secca (prugna, fragola, fico, amarena) alla conserva di mirtilli, alla pesca sciroppata. Il sapiente e passaggio in botte conferisce note di liquirizia, tostatura e vaniglia. Al palato il vino si apre fresco, morbido e corposo, tannini morbidi rivelano una sensazione di piacevole profondità di gusto che resta per molo tempo in bocca prima di lasciare il passo al finale fruttato e speziato.
Tutte le 18 referenze del catalogo vini, come le uve, sono vinificati secondo protocolli Bio e vengono prodotte in complessive 400000 bottiglie circa all’anno. Allo stesso modo sono Bio anche l’olio, in larga parte proveniente da olivi secolari, le conserve, le passate, le composte e i trasformati, che sono buonissimi!
Splendida esperienza nel centro del Salento, che ovviamente consiglio,